La coagulopatia in corso di COVID-19 è un aspetto particolarmente rilevante dell’evoluzione e della prognosi della malattia e le attuali strategie per prevenire gli eventi tromboembolici sono dibattute e altamente eterogenee.

Le più recenti evidenze scientifiche hanno dimostrato che l'uso di eparina è associato a una ridotta mortalità nei pazienti con COVID-19 tanto che la Società Internazionale di Trombosi ed Emostasi (ISTH) raccomanda la tromboprofilassi farmacologica in tutti i pazienti che richiedono il ricovero ospedaliero per infezione da SARS-CoV-2 1. Tuttavia, molti aspetti sono tuttora oscuri: per esempio, l'incidenza del tromboembolismo venoso (TEV) nei pazienti ricoverati in ospedale per COVID-19 non è chiara, in particolare nei soggetti sottoposti a tromboprofilassi; inoltre, non è noto se alcuni parametri clinico-biologici, come il D-dimero, possano prevedere il rischio di TEV e guidare la gestione della terapia profilattica.

IN BREVE...
Le più recenti evidenze scientifiche hanno dimostrato che l'uso di eparina è associato a una ridotta mortalità nei pazienti con COVID-19 tanto che la ISTH)raccomanda la tromboprofilassi farmacologica in tutti i pazienti che richiedono il ricovero ospedaliero per infezione da SARS-CoV-2. Tuttavia, i nodi da sciogliere restano numerosi: non è chiara, per esempio, l'incidenza del tromboembolismo venoso (TEV) nei pazienti ricoverati in ospedale per COVID-19 e non è noto se alcuni parametri clinico-biologici, come il D-dimero, possano prevedere il rischio di TEV e guidare la gestione della terapia. Uno studio francese ha cercato di determinare la reale incidenza e i fattori di rischio associati allo sviluppo di TEV nei pazienti con COVID-19, ricoverati in reparti medici e in trattamento con enoxaparina a un dosaggio basato sul peso durante tutta la durata della degenza. I ricercatori hanno suggerito il potenziale ruolo del D-dimero come strumento per predire il TEV. Questi dati, se confermati in studi prospettici più ampi, possono contribuire a modificare l’attuale approccio alla profilassi del TEV nel paziente ospedalizzato per COVID-19, suggerendo regimi di tromboprofilassi più aggressivi guidati dal livello di D-dimero, magari con dosaggi più elevati di eparina. Questo approccio resta però dibattuto (per esempio, un gruppo italiano ha trovato prove a sfavore). In Italia è appena partito uno studio per confrontare l’efficacia e, soprattutto, la sicurezza della tromboprofilassi standard con un’eparina a basso peso molecolare (enoxaparina, 40 mg al giorno) con quelle di un dosaggio doppio dello stesso farmaco (enoxaparina, 40 mg due volte al giorno). Il parametro principale scelto per valutare l’efficacia è l’incidenza di TEV, mentre quello per valutare la sicurezza è l’incidenza di complicanze emorragiche. Lo studio X-COVID-19 coinvolgerà oltre 2.700 pazienti, ricoverati in reparti non ad elevata intensità di cura, con conferma laboratoristica di infezione da SARS-CoV-2. I risultati di questo trial potranno cambiare definitivamente l’approccio alla profilassi del TEV nel paziente con COVID-19.


A questo proposito, un gruppo di ricercatori francesi ha indetto uno studio retrospettivo di coorte2 il cui obiettivo era determinare la reale incidenza e i fattori di rischio associati allo sviluppo di TEV nei pazienti con COVID-19, ricoverati in reparti medici e in trattamento profilattico con enoxaparina a un dosaggio basato sul peso (40 mg/giorno per BMI 40 kg/m2) durante tutta la durata della degenza. Tutti i pazienti inclusi sono stati sottoposti a un ecocolordoppler degli arti inferiori alla dimissione ospedaliera, o prima se vi era il sospetto clinico di una trombosi venosa profonda (TVP); un’angio-TC toracica è stata eseguita nei casi in cui si sospettava un'embolia polmonare (EP).
Dai risultati emerge come dei 71 pazienti inclusi, 16 hanno sviluppato un TEV (22,5%): una TVP è stata rilevata in 15 pazienti (21,1%) ed un’EP, di cui una fatale, in 7 (9,8%), nonostante un'adeguata tromboprofilassi. Le caratteristiche demografiche, le comorbilità, e la gravità delle manifestazioni cliniche del COVID-19, così come i markers di flogosi e i parametri di funzionalità epatica e renale non differivano tra i pazienti con e senza TEV, mentre i livelli di D-dimero al basale erano significativamente più alti nei pazienti con TEV (p <0,001). In particolare, il valore predittivo negativo di livelli di D-dimero al basale <1,0 µg/ml era del 90% per il TEV e del 98% per l’EP, mentre il valore predittivo positivo per il TEV era rispettivamente del 44% e 67% per livelli di D-dimero ≥ 1,0 µg/ml e ≥ 3,0 µg/ml. Inoltre, nei pazienti in cui i livelli di D-dimero sono stati monitorati nel corso della degenza ospedaliera, l'associazione tra D-dimero e rischio di TEV aumentava se si prendeva in considerazione l'ultimo dosaggio disponibile prima dell’ecocolordoppler.
Questi dati confermano le evidenze provenienti da studi precedenti condotti su pazienti con COVID-19 e ricoverati in ambiente intensivo3 e sono in linea con i risultati di uno studio monocentrico italiano, che ha coinvolto pazienti degenti in area medica dell’Ospedale di Cremona con polmonite da SARS-CoV-24.
In quest’ultimo studio, in particolare, gli autori hanno registrato una prevalenza del 13.6% di TVP e del 7.6% di EP asintomatiche, nonostante i pazienti assumessero adeguata tromboprofilassi mediante enoxaparina 40 mg/die (60 mg/die in 9 pazienti considerati ad alto rischio), suggerendo che quest’ultima è probabilmente insufficiente per la prevenzione del TEV in questi pazienti. Ma quali strumenti utilizzare per individuare i pazienti a più alto rischio tromboembolico?

Nello studio francese, viene posto l’accento sul potenziale ruolo del D-dimero come strumento per predire il TEV, permettendo di suddividere i pazienti in categorie di rischio diverse al momento dell’ammissione in ospedale, prima dell’eventuale manifestazione clinica della TVP o dell’EP: infatti, un basso livello di D-dimero (<1,0 µg/ml) sembra avere un eccellente valore predittivo negativo mentre il rischio di TEV è sorprendentemente alto nei pazienti con livello di D-dimero ≥ 3,0 µg/ml. Questi dati, se confermati in studi prospettici più ampi, possono contribuire a modificare l’attuale approccio alla profilassi del TEV nel paziente ospedalizzato per COVID-19, suggerendo regimi di tromboprofilassi più aggressivi guidati dal livello di D-dimero, magari con dosaggi più elevati di eparina. Dall’altro lato, vi sono anche evidenze a sfavore di questo approccio: un gruppo di ricercatori dell’Università di Padova, coordinati da Raffaele Pesavento, ha recentemente dimostrato che l’utilizzo di dosi sub-terapeutiche di farmaci antitrombotici non solo riduce il rischio di complicanze trombotiche fatali o non fatali ma aumenta significativamente il rischio emorragico5.

La questione è indubbiamente spinosa e attualmente molto dibattuta: a questo proposito, è stato recentemente approvato dall’AIFA uno studio multicentrico randomizzato italiano (il trial X-COVID-19), coordinato dal professor Marco Cattaneo, il cui obiettivo consiste nel confrontare l’efficacia e, soprattutto, la sicurezza della tromboprofilassi standard con un’eparina a basso peso molecolare (enoxaparina, 40 mg al giorno) con quelle di un dosaggio doppio dello stesso farmaco (enoxaparina, 40 mg due volte al giorno). Il parametro principale scelto per valutare l’efficacia è l’incidenza di TEV, mentre quello per valutare la sicurezza è l’incidenza di complicanze emorragiche. Lo studio X-COVID-19 coinvolgerà oltre 2.700 pazienti, ricoverati in reparti non ad elevata intensità di cura, con conferma laboratoristica di infezione da SARS-CoV- 2. I risultati di questo trial potranno cambiare definitivamente l’approccio alla profilassi del TEV nel paziente con COVID-19.


Bibliografia

  1. Thachil J, Tang N, Gando S, et al. ISTH interim guidance on recognition and management of coagulopathy in COVID-19. J Thromb Haemost 2020; 18:1023-1026.
  2. Systematic assessment of venous thromboembolism in COVID-19 patients receiving thromboprophylaxis: incidence and role of D-dimer as predictive factors. J Thromb Thrombolysis 2020;50:211-216.
  3. Klok FA, Kruip MJHA, van der Meer NJM et al. Incidence of thrombotic complications in critically ill ICU patients with COVID-19. Thromb Res 2020; 191:145-147.
  4. Giorgi Pierfranceschi M, Paoletti O, Pan A, et al. Prevalence of asymptomatic deep vein thrombosis in patients hospitalized with SARS CoV 2 pneumonia: a cross sectional study. Intern Emerg Med 2020; 25:1-9.
  5. Pesavento R, Ceccato D, Pasquetto G, et al. The hazard of (sub)therapeutic doses of anticoagulants in non-critically ill patients with Covid-19: the Padua province experience. J Thromb Haemost 2020; 21:10.1111/jth.15022.


Domenico Prisco

Professore ordinario di Medicina Interna, Università di Firenze e Direttore della SOD complessa Medicina Interna Interdisciplinare, Azienda ospedaliero-universitaria Careggi, Firenze

Hai una domanda da porre all'autore dell'articolo?

clicca questo box (la tua domanda sarà letta e risposta privatamente dall'autore senza essere pubblicata sul sito)

Vuoi pubblicare un commento in questa pagina?

il tuo commento sarà pubblicato dopo approvazione del CdR





Codice di sicurezza
Aggiorna

INFORMAZIONE PUBBLICITARIA