EDIT: Questa lettera scritta da un nostro lettore ha dato il via a un proficuo scambio tra il Prof. Gualtiero Palareti, coordinatore nazionale dello studio Apidulcis e presidente di Fondazione Arianna Anticoagulazione, e il paziente stesso.
Ricordando a tutte le persone che ci leggono che le vostre domande e i vostri racconti sono i benvenuti, trovate tra i commenti il prosieguo della conversazione tra i due.
Chi volesse comunicare con la redazione può scriverci a info@anticoagulazione.it


Ho avuto un’embolia polmonare, devo continuare la terapia anticoagulante per sempre? Il basso dosaggio del farmaco mi protegge? Un nostro lettore, dopo avere partecipato allo studio Apidulcis, ci interroga sulle implicazioni delle indicazioni emerse dall’aver preso parte alla ricerca.

Ho letto con molto interesse, ma anche con il dispiacere di vedere l’arretratezza dello stato attuale delle cose, la lettera e l'intervista delle studentesse in terapia anticoagulante che descrivono le difficoltà incontrate per il monitoraggio della terapia (con farmaco anti-vitamina K, AVK). Da loro emerge in maniera chiara il danno per la qualità della vita e le rinunce che spesso i pazienti devono accettare a causa del necessario periodico controllo dell’INR. Il legame con il laboratorio o centro di riferimento è fondamentale per la qualità del trattamento anticoagulante; tuttavia, può anche comportare problemi (facilmente superabili però) quando il personale si rifiuti di utilizzare i moderni sistemi informatici. Il loro rifiuto può costituire un importante fattore limitante la qualità di vita dei pazienti (incluso i soggiorni all’estero – come l’esempio dell’Erasmus, cui una di loro ha dovuto rinunciare), e i lunghi viaggi per svago o per lavoro, sempre più necessari e frequenti, in particolare per i giovani.

Continuiamo con le testimonianze: ecco la storia di una ragazza di 24 anni operata alla valvola mitralica che, a causa dei costi e dell’incertezza del prelievo all’estero, ha preferito rimanere in Italia.

Riportiamo la testimonianza di una lettrice in terapia con AVK che si sta interrogando su come continuare la sua terapia all’estero.

Un anno fa, intorno alla mezzanotte del 27/12 del 2020 mentre ero seduto sul divano a guardare un film, mi suona l’Apple Watch segnalandomi un’anomalia del battito cardiaco che potrebbe indicare una patologia grave, la fibrillazione atriale.

Ritorna l’indagine “Dar voce alla popolazione anticoagulata: Bisogni e difficoltà nell’epidemia da nuovo coronavirus” volta a rilevare e descrivere i bisogni sanitari e le possibili difficoltà gestionali delle persone e dei loro famigliari nella gestione del trattamento terapeutico cronico con anticoagulanti orali (TAO).

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