Le particolari circostanze che stiamo vivendo costituiscono una straordinaria opportunità per implementare i sistemi di automonitoraggio. L’impiego diffuso sul territorio dei coagulometri portatili sarebbe vantaggioso sia per i pazienti, sia per i centri TAO, ma occorre che questi dispositivi siano più accessibili.
La pandemia determinata dal virus SARS-CoV-2 rappresenta una situazione drammatica per l’intero pianeta e costituisce una sfida inedita per l’intera umanità. Nelle circostanze attuali, diventa necessario trovare delle soluzioni innovative per nuove e mutate esigenze in ambito sanitario, soprattutto per i pazienti con COVID-19, ma anche per quelli con altre patologie che in questo momento rischiano di non ricevere adeguata assistenza per la difficoltà di accesso alle strutture sanitarie e ambulatoriali. La gestione dei pazienti con patologie croniche è destinata a cambiare e, per quanto possibile, si avvarrà sempre più della telemedicina e di sistemi per la gestione a distanza dei problemi clinici dei pazienti.
Nel contesto attuale, in previsione della necessità di distanziamento sociale che si prevede durerà diversi mesi, si impongono dei cambiamenti rapidi dell’organizzazione dell’assistenza sanitaria ai pazienti.
I pazienti che necessitano di terapia anticoagulante orale cronica, che in grande maggioranza sono pazienti con indicazione per fibrillazione atriale (FA) e per prevenzione/terapia del tromeboembolismo venoso (TEV), si sono avantaggiati negli ultimi anni dell’avvento degli anticoagulanti orali diretti (NAO o DOAC). La terapia con i DOAC non richiede controlli laboratoristici frequenti per l’aggiustamento del dosaggio, affrancando i pazienti dalla necessità di dovere eseguire prelievi di sangue mediamente ogni 2-3 settimane. Come già sottolineato nel precedente articolo del Dr. Marongiu del 2 aprile, "Terapia anticoagulante orale: l’emergenza attuale ci fornisce un’occasione per cambiare", in questo momento la pandemia di COVID-19 offre lo spunto per spingere verso l’uso dei DOAC un numero sempre maggiore di pazienti potenzialmente candidati al loro uso.
Tuttavia, rimane un gran numero di pazienti che presentano indicazione a terapia anticoagulante orale con antagonisti della vitamina K (AVK), ovvero i pazienti con protesi valvolari meccaniche (quoad vitam), protesi valvolari biologiche (tre mesi), pazienti con FA e con TEV e concomitante insufficienza renale, pazienti con sindrome da anticorpi antifosfolipidi, con trombosi emboliche arteriose, trombosi venose in sedi atipiche (per le quali non è stato approvato l’impiego dei NAO). Molti di questi pazienti continuano ad afferire ai centri di riferimento per le terapie anticoagulanti orali (TAO) per il monitoraggio dell’INR e per la gestione della terapia.
L’indicazione a “rimanere a casa” per questi pazienti, evitando loro l’esposizione a un rischio inutile di contrarre l’infezione da SARS-CoV-2 per recarsi presso i centri TAO o presso altri laboratori per la misurazione dell’INR, sarebbe possibile in presenza di un’organizzazione capace di supportare l’automonitoraggio dell’INR (self-monitoring) al domicilio del paziente mediante l’impiego di coagulometri portatili point of care (POC). L’impiego dei coagulometri POC non è molto diffuso tra i pazienti anticoagulati quanto lo sono i POC per la misurazione della glicemia nei pazienti diabetici, per esempio. Le aziende hanno già messo a punto i sistemi di telemedicina, che consentono ai pazienti di comunicare al centro TAO o al medico curante il valore di INR misurato dal POC tramite una applicazione. Il piano terapeutico con il dosaggio dell’AVK redatto dal medico viene poi inviato al paziente mediante la stessa applicazione o piattaforme informatiche che consegnano il referto via fax o via mail.
Le particolari circostanze che stiamo vivendo costituiscono una straordinaria opportunità per implementare i sistemi di automonitoraggio. L’impiego diffuso sul territorio dei coagulometri POC sarebbe vantaggioso per i pazienti, che possono essere gestiti rimanendo al proprio domicilio, e per i centri TAO, che sarebbero decongestionati e potrebbero occuparsi soprattutto della gestione delle complicanze e delle procedure invasive/chirurgiche.
A tale scopo è auspicabile che si potesse rendere più facile l’accesso ai POC, che al momento sono disponibili solo per acquisto a carico dei pazienti. Il sistema sanitario regionale, in collaborazione con le aziende produttrici, potrebbe proporre delle soluzioni flessibili e attrattive per incentivare il loro uso e renderlo capillare. Il personale sanitario del centro TAO potrebbe occuparsi del training dei pazienti e dell’organizzazione della gestione della TAO a distanza, rendendo possibile per I pazienti “rimanere a casa”.

Erica De Candia
UOS Malattie Emorragiche e Trombotiche, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli - Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
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Commenti
Vi ringrazio attendo una risposta nel caso ci sia un'altra soluzione.
Gabriele
Ho accennato qualche tempo fa alla dott.sa del misuratore INR. Mi ha detto che potrei darle il valore solo tramite farmacia, non dato da me. Penso che non abbia tutti i torti... se poi sbaglio la procedura io e mi viene sballato? Ma dovrò sempre continuare a fare prelievi? Ho 52 anni e vorrei sapere se è possibile farfe INR a casa senza fare il prelievo però con la terapia data dalla dott,ssa.
La mia domanda è: come posso fare?
Vi ringrazio anticipatamente per la risposta.
Gabriele
saluti